Manifesto per la pace
“Cos’è effettivamente la pace? Un qualcosa di accessibile, raggiungibile oppure un’utopia, un’illusione ben lontana dalla realtà terrena?”
È sicuramente l’obiettivo più grande a cui l’umanità possa aspirare, però è stata anche tante volte messa in discussione da conflitti fra popoli e guerre civili, che hanno portato alla sofferenza dell’umanità.
Partendo da questo concetto abbiamo cercato di elaborare un manifesto che rispecchi la nostra definizione comune di pace e per esporla più “profondamente” ci siamo collegati oltre che all’arte anche ad altre discipline; quali religione, filosofia e latino.
Per quanto riguarda l’ambito artistico un’opera d’arte che ci ha particolarmente colpito è senz’altro il dipinto di Picasso, “Guernica”. L’opera ha esercitato un grande impatto su di noi perché l’immagine è di altissimo valore estetico e politico, contro la guerra, la violenza e l’ingiustizia nei confronti delle popolazioni e di individui indifesi; rappresenta il grido di dolore di tutta l’umanità sconvolta dalle guerre del Novecento e rispecchia il nostro punto di vista sul concetto del conflitto.
In religione in cui abbiamo analizzato l’enciclica Laudato si’, i diari di Etty Hillesum.
In filosofia abbiamo confrontato le tesi di Kant ed Hegel e le definizioni di pace descrittiva, prescrittiva e persuasiva.
La prima considerazione da fare è che la pace non può essere definita se non in relazione al concetto di guerra, considerata dal filosofo Kant, in accordo con la stragrande maggioranza delle persone, come “il male peggiore che affligge la società umana, fonte di ogni corruzione morale e alla quale non è possibile fornire una cura assoluta e immediata”. In piena rottura con Kant, per un altro filosofo, Hegel, la guerra è inevitabile ed è l’unico modo per risolvere i contrasti, essa è la salute dei popoli. L’ideale kantiano di una “Pace perpetua” priva il mondo di ogni contraddizione e produrrebbe morte.
Tra le due tesi contrapposte quella che senza dubbio prediligiamo è la prima in quanto consideriamo la pace come un’utopia nel suo doppio significato di mondo migliore e di condizione irraggiungibile, ma a cui si può tendere attraverso l’impegno di tutti.
Per questo abbiamo voluto trasmettere un’immagine di speranza attraverso l’immagine della bambina che ha conosciuto la guerra in prima persona e per questo può “costruire” la pace.
In questo manifesto abbiamo infine ripreso la frase di Tacito, trovata nella sua opera “Agricola”, più precisamente nel discorso di Calgaco ai suoi commilitoni. In esso i romani vengono descritti come spietati nemici che opprimono i loro avversari e chiamano impropriamente pace là dove fanno il deserto.
Infatti, abbiamo scelto di accostare ad un’immagine di pace distruttiva una costruttiva la fine di suscitare una riflessione nell’osservatore.
Un Manifesto per la Pace
Il mondo che conosciamo è caratterizzato da contraddizioni, disuguaglianze e conflitti. Per noi un mondo diverso è un mondo di pace.
Una definizione di pace
Cosa intendiamo quando diciamo “pace”? Partendo da questa domanda abbiamo cercato di comprendere se sia possibile o meno arrivare ad una definizione comune di pace. In primo luogo abbiamo analizzato le definizioni riportate nel libro “Quale pace?” di Giuliano Pontara, che evidenziano i caratteri fondamentali di ognuna.
La prima è quella descrittiva in cui si definisce in modo oggettivo il concetto generale di pace, che, secondo tutti noi, coincide con l’assenza di scontri e guerre, una condizione di rispetto dei diritti e di equilibrio tra i popoli. La seconda è quella prescrittiva che si discosta da quello che è il concetto generale di pace poiché indirizza e pone le condizioni per raggiungerla. Nonostante ci siano state varie discordanze in merito, siamo riusciti a trovare una visione comune: gli eventuali conflitti non dovrebbero essere risolti con la violenza, ma con la diplomazia e in maniera dialettica; inoltre, al primo posto, dovrebbero essere messi i diritti di ogni uomo e un comune senso morale. Infine troviamo la terza ed ultima definizione, quella persuasiva, per la quale non è stato possibile trovare un pensiero condiviso da tutti.
Infatti, come per definizione, secondo la quale i termini hanno una connotazione valutativa, positiva o negativa, sono emersi diversi punti di vista. Uno positivo che pone la pace come condizione universale a cui gli uomini devono aspirare se vogliono vivere in armonia e rispetto reciproci, assicurando ad ognuno una condizione di base favorevole da cui partire per costruire una vita dignitosa. A questa definizione è contrapposto un punto di vista negativo, secondo il quale la pace è una condizione ideale, ma irraggiungibile, a cui tendere.
Noi e la pace
“A volte mi chiedo se il senso di frustrazione, di impotenza che molti, specie fra i giovani, hanno dinnanzi al mondo moderno sia dovuto al fatto che esso appare loro così complicato, così difficile da capire che la sola reazione possibile è crederlo il mondo di qualcun altro: un mondo in cui non si può mettere le mani, un mondo che non si può cambiare. Ma non è così: il mondo è di tutti” (T. Terzani, Lettere contro la guerra).
In effetti, Tiziano Terzani aveva ragione: la maggior parte di noi giovani ha un pensiero negativo nei confronti della pace perché soffriamo di un senso di impotenza verso le grandi questioni del mondo, che sembrano troppo grandi per la nostra portata e non capiamo fino in fondo i veri motivi che le scatenano.
La sfiducia nelle nostre possibilità parte dall’idea che i cambiamenti debbano avvenire solo in un arco di tempo lungo e mai ben definito, che possano partire da noi, sì, ma che poi l’ultima parola debba per forza spettare a chi detiene il potere politico o finanziario. Questa insicurezza potrebbe anche essere frutto della nostra fortuna di aver mai vissuto una guerra, né direttamente né indirettamente, che avrebbe potuto lasciarci la possibilità di credere in valori che per le generazioni dei nostri nonni e dei nostri genitori sono stati importanti.
Sulla base di questa riflessione abbiamo capito che il primo cambiamento da fare è quello all’interno di ogni persona, perché solo così, partendo dal singolo e, soprattutto, da noi giovani, si possono avere cambiamenti concreti; cambiare il modo di pensare e di vedere le cose è il vero punto di svolta dell’umanità, perché, ponendo come principio primo quello della pace, tutte le scelte della vita risulterebbero vincenti e positive.
Nella storia dell’uomo si è visto che i conflitti, di qualsiasi genere e di qualsiasi portata, si sono sempre “risolti” con la guerra; questo forse perché il potere decisionale è sempre stato in mano agli uomini che hanno creduto, e credono ancora oggi, che la violenza e la politica muscolare portino ad una soluzione definitiva e precisa (attitudine pienamente contrastante con quella femminile). Infatti, apparentemente, dopo una guerra o sei vincente o sei perdente e i conti sembrano chiaramente sistemati: è un “gioco a somma zero”. Nella realtà dei fatti, poi, i conflitti sono sempre rimasti accesi o latenti e i grandi scontri si continuano a verificare. Questo stato di perpetua lotta e di prevaricazioni, secondo noi, è dovuto all’idea sbagliata secondo la quale una posizione sia migliore di un’altra. La soluzione definitiva a qualsiasi tipo di contrasto potrebbe essere quella di rinunciare ad una parte di noi stessi e delle nostre convinzioni per cercare quanto meno di capire e avvicinarci all’idea dell’altro e per poter, così, trovare una mediazione fra le parti. La scelta della pace non è facile quanto quella della guerra proprio perché comporta una rinuncia; la guerra, invece, millanta chiarezza e ordine.
Per poterci avvicinare alla condizione di pace, forse, ci dovrebbe essere equilibrio fra il genere maschile e quello femminile, non solo in termini quantitativi, ma in quanto concezione mentale, equilibrio delle risorse e delle ricchezze, perché il mondo è ugualmente di tutti gli uomini e le donne e non deve esistere il desiderio di possederne di più degli altri, ed equilibrio fra le culture perché la diversità è ricchezza.
Le condizioni della pace
Crediamo che la pace possa essere considerata un’utopia, un obiettivo a cui tendere, che, pur nella sua irraggiungibilità, possa portare a un miglioramento dell’umanità.
I punti che potrebbero rappresentare un progresso in quest’ottica, sono i seguenti:
- LA COSTITUZIONE DI UN ORGANISMO INTERNAZIONALE
I nazionalismi generano l’odio e la tendenza a sovrastare gli altri. In linea con il pensiero di Kant, delineato all’interno de Per la pace perpetua, riteniamo che i bisogni e le aspirazioni degli Stati necessitino di un organismo regolativo a livello mondiale, che coordini la necessità di ognuno, nel rispetto della libertà collettiva. A regolare quest’organizzazione deve intervenire un’assemblea eletta democraticamente in nome del pacifismo, cosicché non vi sia il rischio di abusi di potere da parte di un capo unico.
- L’EDUCAZIONE ALLA PACE
Riteniamo necessario educare le nuove generazioni secondo i principi di fratellanza, rispetto reciproco e collaborazione, insegnando loro a risolvere le controversie evitando l’uso della violenza, sia fisica che verbale, predisponendoli al bene e alla solidarietà. Seguendo i principi proposti da Maria Montessori, alla base dei quali vi è la convinzione che i bambini, a differenza degli adulti, siano propensi alla pacifica convivenza, il nostro compito è quello di tutelare e preservare tale attitudine infantile. Così facendo potremmo provare a capovolgere la relazione per cui VIOLENZA = FORZA e NON VIOLENZA = CODARDIA.
- LA PACE DEL SENTIMENTO
Negli Stati riscontriamo la propensione ad ammettere la presenza di un esercito a fini difensivi, appellandosi alla morale che approva la legittima difesa. Anche nella Costituzione della Repubblica Italiana si afferma che “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali” (art. 11) e allo stesso tempo che “la difesa della Patria è sacro dovere del cittadino” (art. 52). Viene così evidenziata una pace armata, secondo la definizione di Nietzsche, che coincide con la “bellicosità del sentimento, che non si fida né di sé né del vicino e che non depone le armi, un po’ per odio, un po’ per paura” (Umano, troppo umano). Possiamo quindi affermare che il raggiungimento della pace assoluta sia ottenibile unicamente procedendo al disarmo totale degli Stati e degli individui, liberandosi dal timore dell’altro.
- RIEQUILIBRIO NELLA DISTRIBUZIONE DELLE RICCHEZZE
La base dei conflitti si ritrova spesso nel desiderio o nell’oggettiva necessità di beni. Per evitare l’insorgenza di tali questioni, sarebbe auspicabile che tutti possedessero il necessario a condurre una vita dignitosa. Da qui conseguirebbe una riduzione della forbice sociale che accompagna le tensioni fra classi e fra popoli. Questo implica il contrasto all’individualismo, inteso come perseguimento unicamente degli interessi personali, una miglior ridistribuzione di ricchezze, conoscenze e competenze tecniche e il potenziamento degli organismi, già esistenti, che si occupano di cooperazione internazionale.
- UGUAGLIANZA TRA I GENERI
La storia ci insegna che le controversie si sono, la maggior parte delle volte, risolte in conflitti armati, perché al potere ci sono sempre stati individui di genere maschile. Ci appare quanto mai necessaria una riconsiderazione della visione e dell’attitudine femminile a mediare fra le parti.
Conclusione
“Ich bin lieber ein Optimist, der Unrecht hat, als ein Pessimist, der Recht hat.” (Kurt Gödel)
“È meglio essere un ottimista che ha torto, piuttosto che un pessimista che ha ragione”.
Di fronte ad una concezione utopistica della pace, gli atteggiamenti possibili sono due: la rassegnazione e la passiva accettazione del mondo per come ci si presenta, oppure l’impegno per costruire passo dopo passo un mondo migliore, consapevoli che dipende da ciascuno di noi.
12 aprile 2017
Riferimenti
- Immanuel Kant, Per la pace perpetua, Feltrinelli, Milano, 2013 con particolare attenzione alle tre condizioni per la pace.
- Giuliano Pontara, Quale pace? Sei saggi su pace e guerra, violenza e nonviolenza, giustizia economica e benessere sociale, Mimesis, Milano Udine, 2016 per le definizioni di pace (descrittive, prescrittive, persuasive).
- Tiziano Terzani, Lettere contro la guerra, Longanesi, Milano, 2002. Abbiamo inoltre visto una sua intervista, in cui si trattava il tema della diversità e della comprensione dell’altro
- Laudato si’, Lettera enciclica del pontefice Francesco, Tipografia vaticana, 2015, con particolare riguardo alla sezione riguardante la pace con il Pianeta Terra e la nostra responsabilità in merito.
- Etty Hillesum, Diario, Adelphi, Milano 2012, per l’importanza storica e umana delle considerazioni dell’autrice sulla guerra, l’odio e la violenza
- Vandana Shiva, Excerpts from ‘Who feeds the world’ and ‘Making peace with Earth’.
- AA.VV. Il duro cammino della Pace nel mondo, una raccolta di posizioni al riguardo assunte da vari figure di spicco nel panorama letterario, filosofico e scientifico dal Medioevo ad oggi.
- Philip Zimbardo, The Stanford Prison Experiment, www.prisonexp.org sulle conseguenze psicologiche del comportamento umano dipendenti dal contesto e dal ruolo.
- Incontri con Pierluigi Di Piazza, fondatore del Centro E. Balducci di Zugliano e associazione Menti Libere, protagonisti del progetto MigrArt Action, viaggio a ritroso sulla rotta balcanica dei migranti. Con loro abbiamo approfondito il tema delle migrazioni, in quanto aventi o aventi avuto esperienza diretta con questa realtà e con i profughi richiedenti asilo politico
- Stefano Montello, L’albero capovolto. Le opere e i giorni in una fattoria sociale, Bottega Errante, 2016 (Incontro con l’autore).
- La sfinge, dialogo su Enrico Fermi – Spettacolo teatrale della compagnia L’Aquila signorina di Bologna, 2017 riguardante in particolare il tema dell’inscindibile legame tra scienza, sviluppo tecnologico e conflitto.
- La Costituzione Italiana, per la consultazione degli articoli 11 e 52.